
Rhia Namara, giovane donna dai capelli neri e l’espressione seria, è l’abile Comandante della Guardia di Amar. O meglio lo era, fino a quando non venne tradita per la sua stessa lealtà.
Nacque nella famiglia nobiliare dei Namara, che da generazioni risiedevano nella città di Co'Stehelia e che avrebbe omonimamente preso il nome della regione Helia. Quando venne al mondo infatti, ultima di tre figlie, la guerra che affliggeva quelle terre da anni era ormai arrivata al termine e tutte le regioni furono accorpate sotto l’unica bandiera dei Regni Liberi. Rhia crebbe quindi in tempi relativamente pacifici, eccezion fatta per gli sporadici tentativi di ribellione contro le classi nobili e borghesi, che però subito venivano soppressi. Il padre cercava sempre di proteggere le figlie il più possibile da quella ferocia, ma inevitabilmente Rhia e le sorelle assisterono più volte alla disperazione delle persone lasciate ai margini della società. Questi eventi alimentarono in lei il desiderio di ordine e giustizia che la definirono per il resto della sua vita. I suoi ideali la portarono ad iscriversi all’Accademia Militare. Infatti non aveva mai gradito gli insegnamenti della “Gentil Arte” che ogni donna apprendeva allo scopo di diventare una moglie ideale, strada che invece entrambe le sorelle maggiori intrapresero. A differenza loro, lei veniva spesso ripresa dalla governante, che la rimproverava per il suo comportamento non adatto ad una giovane donna per bene, ma Rhia le rispondeva sempre con una linguaccia e correva via con la sua spada di legno in mano.
A dirla tutta, le piaceva l’atmosfera dell’Accademia: un insieme di giovani che si erano spogliati di ogni cosa tranne che della volontà di proteggere la propria patria, e seppure avvertisse che gli istruttori la trattavano con un minimo di riguardo in più, essendo i Namara una famiglia dell’alta società di Helia, i suoi compagni di corso non si risparmiavano durante gli allenamenti, forse proprio per tenerla con i piedi per terra.
La vita in accademia fu faticosa e i duri allenamenti si alternavano ad infinite ore di studio della storia, della medicina e del corpo umano, ma soprattutto politica e legge, materie che Rhia trovava noiose oltre misura. Nonostante ciò dopo cinque anni si diplomò con il massimo dei voti e venne subito mandata alla capitale: la città di Amar.
La vita in accademia fu faticosa e i duri allenamenti si alternavano ad infinite ore di studio della storia, della medicina e del corpo umano, ma soprattutto politica e legge, materie che Rhia trovava noiose oltre misura. Nonostante ciò dopo cinque anni si diplomò con il massimo dei voti e venne subito mandata alla capitale: la città di Amar.
In quanto proveniente da un’altra città e per di più da una famiglia nobiliare, ad Amar venne accolta con occhi ben diversi. Era estremamente raro che alle forze della milizia prendessero parte persone dei ceti più alti e questo spesso suscitava un sentimento di gelosia e diffidenza in coloro che avevano sempre dovuto lottare per un tozzo di pane. Nei suoi nuovi compagni Rhia ritrovò quelle stesse emozioni che vedeva da bambina nei rivoltosi. Ma ormai era matura, sicura di sé e poteva affrontarli da pari. Fu un processo lungo, ma col tempo riuscì a guadagnarsi il rispetto portando a compimento numerose missioni fuori dalla capitale, accettandone quante più poté per dimostrare di non essere la solita nobile in cerca di prestigio. Raggiunse rapidamente l’apice e qualche anno dopo venne nominata Comandante della Guardia, ruolo che ricoprì con orgoglio e con la fiducia di ogni singolo soldato di Amar. Questo per i cinque anni seguenti, finchè non arrivò il giorno che cambiò tutto.
Era una mattina come le altre e Rhia era seduta alla sua scrivania intenta a leggere il resoconto delle guardie di pattuglia la sera precedente, quando qualcuno tamburellò alla porta il motivetto che ormai conosceva bene. Fece un mezzo sorriso, sopprimendo l’emozione d’affetto e poggiò il documento.
<<Entra pure, Arios.>>
Un giovane uomo dalle spalle larghe e i capelli rasati fece capolino dalla porta.
<<Comandante! Una splendida mattina irradia gli edifici di questa città tanto stupenda quanto lei!>>
<<È il tuo modo per darmi il buongiorno?>> Rhia gli fece cenno di entrare. <<L’adulazione non ti eviterà il doppio turno oggi.>>
Arios si avvicinò alla scrivania con aria baldanzosa.
<<No, ormai ne sono consapevole. Però posso offrirti il pranzo.>>
Rhia arrossì leggermente, ma si voltò verso la finestra per non farsi vedere.
<<Magari domani, oggi è una giornata piena.>>
Il giovane si lasciò cadere sulla sedia, sconfitto.
<<Hai rimandato anche ieri, Comandante. Mi chiedo quando arriverà domani.>> tirò un respiro sconsolato e le porse una lettera, poi continuò. <<Questa è arrivata poco fa con il messaggero del Governatore.>>
Il Governatore di Amar comunicava spesso con loro, quindi non era una sorpresa ricevere l’ennesima lettera. Rhia la aprì e lesse con attenzione:
<<Entra pure, Arios.>>
Un giovane uomo dalle spalle larghe e i capelli rasati fece capolino dalla porta.
<<Comandante! Una splendida mattina irradia gli edifici di questa città tanto stupenda quanto lei!>>
<<È il tuo modo per darmi il buongiorno?>> Rhia gli fece cenno di entrare. <<L’adulazione non ti eviterà il doppio turno oggi.>>
Arios si avvicinò alla scrivania con aria baldanzosa.
<<No, ormai ne sono consapevole. Però posso offrirti il pranzo.>>
Rhia arrossì leggermente, ma si voltò verso la finestra per non farsi vedere.
<<Magari domani, oggi è una giornata piena.>>
Il giovane si lasciò cadere sulla sedia, sconfitto.
<<Hai rimandato anche ieri, Comandante. Mi chiedo quando arriverà domani.>> tirò un respiro sconsolato e le porse una lettera, poi continuò. <<Questa è arrivata poco fa con il messaggero del Governatore.>>
Il Governatore di Amar comunicava spesso con loro, quindi non era una sorpresa ricevere l’ennesima lettera. Rhia la aprì e lesse con attenzione:
Egregia Comandante,
Spero che questa mia richiesta possa recarle il minimo disturbo e che possiate aiutare ancora una volta i Regni Liberi assicurandone la sicurezza.
Tramite il preziosissimo studio del Consiglio, abbiamo pervenuta la probabile ubicazione di un artefatto del passato dal potere a noi sconosciuto ma oltremodo smisurato. Secondo gli scritti a nostra disposizione l’oggetto in questione è stato avvistato nella città di Vellin prima che ne venissero perse le tracce, nelle mani di individui a noi ignoti.
Mi sento di puntualizzare che la possibilità che un tale oggetto possa cadere nelle mani sbagliate significherebbe una potenziale minaccia per i Regni Liberi e dei suoi abitanti tutti. Richiedo quindi l’immediata formazione di una squadra di recupero, cosicché il manufatto possa essere studiato sotto il nostro attento sguardo.
Confido in Lei per la certa discrezione,
Vanieri De Lorio
Tramite il preziosissimo studio del Consiglio, abbiamo pervenuta la probabile ubicazione di un artefatto del passato dal potere a noi sconosciuto ma oltremodo smisurato. Secondo gli scritti a nostra disposizione l’oggetto in questione è stato avvistato nella città di Vellin prima che ne venissero perse le tracce, nelle mani di individui a noi ignoti.
Mi sento di puntualizzare che la possibilità che un tale oggetto possa cadere nelle mani sbagliate significherebbe una potenziale minaccia per i Regni Liberi e dei suoi abitanti tutti. Richiedo quindi l’immediata formazione di una squadra di recupero, cosicché il manufatto possa essere studiato sotto il nostro attento sguardo.
Confido in Lei per la certa discrezione,
Vanieri De Lorio
<<A quanto pare partiremo per Vellin, Arios.>>
<<Bene! Era da un po' che non ci veniva assegnata una missione.>>
<<Partiremo domattina. Chiama Elvira e Remos. E anche Veeshan.>>
Arios balzò in piedi e si portò un pugno al petto, in saluto alla Comandante, e si avviò alla porta.
<<Per il turno di stanotte troverò un sostituto che lo faccia al tuo posto, così puoi riposare.>> Rhia concluse.
Arios si fermò sull’uscio e le rivolse un sorriso, poi uscì dalla stanza.
<<Bene! Era da un po' che non ci veniva assegnata una missione.>>
<<Partiremo domattina. Chiama Elvira e Remos. E anche Veeshan.>>
Arios balzò in piedi e si portò un pugno al petto, in saluto alla Comandante, e si avviò alla porta.
<<Per il turno di stanotte troverò un sostituto che lo faccia al tuo posto, così puoi riposare.>> Rhia concluse.
Arios si fermò sull’uscio e le rivolse un sorriso, poi uscì dalla stanza.
Il giorno dopo si incontrarono alle scuderie della caserma all’alba ed in breve furono al galoppo verso la loro destinazione. Molti anni fa Vellin era l’ultima occasione di riposo per gli avventurieri, prima di varcare le montagne e lasciare la regione di Amarian, quando ancora i Regni Liberi non esistevano. Ma con la rapida ascesa della città costiera di Amar, Vellin venne abbandonata dai suoi abitanti e quello che rimase fu solo la vegetazione a reclamare strade deserte e abitazioni decadenti. Attraversarono la grande foresta alle spalle della capitale prendendo la strada che portava al Passo di Amar, dove raggiunsero la loro meta verso mezzogiorno. Si sistemarono sulla parte più alta della città in un vecchio magazzino lontano da occhi indiscreti, e pranzarono fugacemente.
<<Cominceremo proprio da qui, ognuno prenda un’area.>> Rhia stava dando indicazioni tra un boccone e l’altro. <<Una volta terminata la vostra zona, espandetela gradualmente. Non sappiamo cosa stiamo cercando, quindi guardate in ogni anfratto. Non lasciate nulla al caso e avvisatemi immediatamente se notate qualcosa fuori dal comune. Tutto chiaro?>>
<<Sissignora!>> Risposero tutti in coro.
<<Bene. Dovrebbe essere un posto tranquillo ma tenete gli occhi aperti e i sensi allerta.>> Concluse prima di dare inizio alla ricerca.
Avanzarono lentamente attenti ad ogni dettaglio, prima nella piazza, setacciando tra le crepe del lastricato e la vegetazione, poi si spostarono tra le macerie e le case diroccate. Ma cercare qualcosa di cui non conoscevano neanche l’aspetto non era lavoro facile. Arrivò il tramonto e con la scarsa illuminazione sarebbe stato inutile continuare, quindi la Comandate richiamò la sua squadra e si prepararono per la notte.
<<Cominceremo proprio da qui, ognuno prenda un’area.>> Rhia stava dando indicazioni tra un boccone e l’altro. <<Una volta terminata la vostra zona, espandetela gradualmente. Non sappiamo cosa stiamo cercando, quindi guardate in ogni anfratto. Non lasciate nulla al caso e avvisatemi immediatamente se notate qualcosa fuori dal comune. Tutto chiaro?>>
<<Sissignora!>> Risposero tutti in coro.
<<Bene. Dovrebbe essere un posto tranquillo ma tenete gli occhi aperti e i sensi allerta.>> Concluse prima di dare inizio alla ricerca.
Avanzarono lentamente attenti ad ogni dettaglio, prima nella piazza, setacciando tra le crepe del lastricato e la vegetazione, poi si spostarono tra le macerie e le case diroccate. Ma cercare qualcosa di cui non conoscevano neanche l’aspetto non era lavoro facile. Arrivò il tramonto e con la scarsa illuminazione sarebbe stato inutile continuare, quindi la Comandate richiamò la sua squadra e si prepararono per la notte.
Prima che arrivasse il suo turno di guardia Rhia si svegliò di soprassalto, qualcuno aveva urlato, forse Remos o Veeshan. Sfoderò la spada e uscì dalla piccola tenda ma si ritrovò con due lance pericolosamente puntate alla gola.
<<Giù l'arma.>> le ordinò una voce profonda e roca. <<Abbiamo già legato gli altri, Comandante.>>
Rhia cercò di vedere il più possibile attraverso le due figure che le si paravano davanti, ma riuscì solo a scorgere Elvira ed Arios, inginocchiati e legati. Quando lasciò cadere la spada, altre due persone legarono anche lei e la portarono dai suoi compagni.
<<Tutto bene?>> chiese guardando i suoi soldati. Entrambi risposero con un cenno del capo.
Qualche secondo dopo, Remos e Veeshan vennero portati di fianco a lei: il primo aveva il naso rotto, mentre l’altro sembrava svenuto. Potè ora guardare gli assalitori più chiaramente, illuminati dai deboli raggi della luna piena. Era una compagnia di circa venti guerrieri formata dalle persone più disparate: non portavano simboli particolari e sembravano una marmaglia disorganizzata e casuale, tuttavia ben addestrata. Passò qualche minuto prima che una donna alta e muscolosa si avvicinasse, piazzandosi imponentemente davanti a loro. Portava capelli rossi raccolti in una coda, aveva una lunga cicatrice che dalla guancia scendeva fino al petto ed impugnava un'ascia dalla lama lunga e larga. Quando parlò Rhia riconobbe in lei la voce di prima.
<<Vi chiederei perché siete qui ma immagino sia riservato, vero Comandante?>>
<<Tu mi conosci ma io non ti ho mai visto. Con chi ho il piacere di parlare?>>
<<Con nessuno.>> rispose distrattamente la donna, mentre tirava fuori qualcosa dalla sacca. Rivelò un pezzo di una pietra nera sottile, grande quanto il suo palmo, palesemente un frammento di qualcosa più grande. Aveva un lato arrotondato, come se fosse parte di un cerchio, e lo portò davanti agli occhi della Comandante. Rhia si strinse nelle spalle.
<<Non so cosa sia.>>
<<Certo che non lo sai, neanche noi lo sapevamo. È rimasto nascosto per centinaia di anni, dopotutto.>>
<<Cos’è?>> disse la Comandante ormai certa che quello fosse l’artefatto che erano stati incaricati di trovare.
<<Questa è una domanda da fare al tuo Governatore, il signor Corsello.>>
Rhia aggrottò la fronte a quel nome. Non le pareva di averlo mai sentito prima d’ora, eppure le suonava familiare.
<<Forse ti stai confondendo. Intendi il Governatore De Lorio.>>
La donna fece una risata divertita, seguita da alcuni dei suoi.
<<La vostra ignoranza vi oscura la vista. Senza offesa.>> poi ripose l’artefatto e continuò. <<Se fossi in voi comincerei ad aprire gli occhi.>>
Si rivolse a due dei suoi soldati, ordinando loro di slegare le corde e liberarli. Massaggiandosi i polsi, Rhia guardò la donna incuriosita riflettendo sui loro assalitori, e di come non abbiano usato violenza non necessaria.
<<Siete liberi di andare. Spero facciate buon uso della mia bontà.>> Concluse la donna prima di voltarsi ed ordinare la partenza immediata ai suoi. Rhia e gli altri vennero lasciati al centro della piazza, senza armi né cavalli ma liberi.
<<Andiamo.>> La comandante ordinò. <<Aiutate Veeshan, dovrebbe riprendersi a breve. Mettiamoci in marcia.>>
<<Giù l'arma.>> le ordinò una voce profonda e roca. <<Abbiamo già legato gli altri, Comandante.>>
Rhia cercò di vedere il più possibile attraverso le due figure che le si paravano davanti, ma riuscì solo a scorgere Elvira ed Arios, inginocchiati e legati. Quando lasciò cadere la spada, altre due persone legarono anche lei e la portarono dai suoi compagni.
<<Tutto bene?>> chiese guardando i suoi soldati. Entrambi risposero con un cenno del capo.
Qualche secondo dopo, Remos e Veeshan vennero portati di fianco a lei: il primo aveva il naso rotto, mentre l’altro sembrava svenuto. Potè ora guardare gli assalitori più chiaramente, illuminati dai deboli raggi della luna piena. Era una compagnia di circa venti guerrieri formata dalle persone più disparate: non portavano simboli particolari e sembravano una marmaglia disorganizzata e casuale, tuttavia ben addestrata. Passò qualche minuto prima che una donna alta e muscolosa si avvicinasse, piazzandosi imponentemente davanti a loro. Portava capelli rossi raccolti in una coda, aveva una lunga cicatrice che dalla guancia scendeva fino al petto ed impugnava un'ascia dalla lama lunga e larga. Quando parlò Rhia riconobbe in lei la voce di prima.
<<Vi chiederei perché siete qui ma immagino sia riservato, vero Comandante?>>
<<Tu mi conosci ma io non ti ho mai visto. Con chi ho il piacere di parlare?>>
<<Con nessuno.>> rispose distrattamente la donna, mentre tirava fuori qualcosa dalla sacca. Rivelò un pezzo di una pietra nera sottile, grande quanto il suo palmo, palesemente un frammento di qualcosa più grande. Aveva un lato arrotondato, come se fosse parte di un cerchio, e lo portò davanti agli occhi della Comandante. Rhia si strinse nelle spalle.
<<Non so cosa sia.>>
<<Certo che non lo sai, neanche noi lo sapevamo. È rimasto nascosto per centinaia di anni, dopotutto.>>
<<Cos’è?>> disse la Comandante ormai certa che quello fosse l’artefatto che erano stati incaricati di trovare.
<<Questa è una domanda da fare al tuo Governatore, il signor Corsello.>>
Rhia aggrottò la fronte a quel nome. Non le pareva di averlo mai sentito prima d’ora, eppure le suonava familiare.
<<Forse ti stai confondendo. Intendi il Governatore De Lorio.>>
La donna fece una risata divertita, seguita da alcuni dei suoi.
<<La vostra ignoranza vi oscura la vista. Senza offesa.>> poi ripose l’artefatto e continuò. <<Se fossi in voi comincerei ad aprire gli occhi.>>
Si rivolse a due dei suoi soldati, ordinando loro di slegare le corde e liberarli. Massaggiandosi i polsi, Rhia guardò la donna incuriosita riflettendo sui loro assalitori, e di come non abbiano usato violenza non necessaria.
<<Siete liberi di andare. Spero facciate buon uso della mia bontà.>> Concluse la donna prima di voltarsi ed ordinare la partenza immediata ai suoi. Rhia e gli altri vennero lasciati al centro della piazza, senza armi né cavalli ma liberi.
<<Andiamo.>> La comandante ordinò. <<Aiutate Veeshan, dovrebbe riprendersi a breve. Mettiamoci in marcia.>>
Il viaggio di rientro fu lungo, ma non faticoso, e lasciò Rhia con molto tempo per ripensare a quello che aveva detto la donna. Nutriva estrema lealtà per i Regni Liberi e piena fiducia nel Governatore, ma la sua deformazione professionale la portava a farsi sempre domande e non dare mai nulla per scontato.
"Aprire gli occhi" stava ripensando. Aveva provato ad instillare il seme del dubbio, o semplicemente voleva prenderli in giro e metterci gli uni contro gli altri.
<<Sei in silenzio da un pò, Comandante.>> Arios la strappò via da quel vortice di pensieri.
<<Scusa, Arios. Ero sovrappensiero.>>
<<Amar è in vista, tra circa un ora dovremmo esserci.>> il soldato le indicò la Capitale. Si potevano vedere le mura e l’alta cupola della cattedrale, con la torre del campanile.
<<Era ora!>> esclamò Elvira. <<Ho i piedi in fiamme.>>
<<Cosa ne pensate di quello che ha detto quella rossa?>> Remos stava masticando un pezzo di pane.
<<Sono cazzate.>> Veeshan non esitò un attimo a rispondere. <<Vero, Elvy?>>
<<Non lo so. Forse voleva solo farci innervosire.>>
<<O forse non sanno di che cazzo parlano, barbari ignoranti.>>
<<Ti brucia ancora che ti abbiano mandato a nanna?>> Arios strappò una risata a tutti.
<<Mi hanno solo colto di sorpresa.>> Veeshan rispose a denti stretti.
<<E tu, Comandante?>> Remos domandò per l’ennesima volta, come aveva già fatto durante tutto il viaggio.
<<Penso sia una materia che non ci compete e che faremmo bene a considerare con cautela le parole di sconosciuti.>>
Tutti convennero, ma Rhia non riuscì a convincersi della sua stessa affermazione.
Raggiunsero finalmente Amar e, dopo aver congedato i soldati, si diresse verso il suo ufficio pronta a scrivere un rapporto dettagliato da consegnare al Governatore. Ma non ci riuscì. La sua mente ritornava a quel cognome, "Corsello". Le risuonava lontanamente familiare e pensò fosse dovuto al fatto l’avesse ripetuto nella sua testa centinaia di volte durante il viaggio di ritorno. Distrattamente si incamminò verso la biblioteca e si ritrovò con un libro della storia di Amar tra le mani. Poco dopo ne prese un’altro che riportava le vicende della guerra, poi ne aprì uno sui Regni Liberi e ancora un tomo sui paesi ad Est. Quando richiuse l’ultimo volume, il sole era già calato da ore e il tavolo davanti a lei era coperto da pile di libri, ma quel cognome restava un mistero. Stava risistemando tutto quando vide un volumetto piccolo e dalla copertina bruciacchiata che non aveva notato prima. In una calligrafia elegante, il titolo citava: "Casati et familie". Lo aprì con cura e istintivamente cercò il nome Namara, che veniva riportato come una famiglia nobiliare emergente.
"Aprire gli occhi" stava ripensando. Aveva provato ad instillare il seme del dubbio, o semplicemente voleva prenderli in giro e metterci gli uni contro gli altri.
<<Sei in silenzio da un pò, Comandante.>> Arios la strappò via da quel vortice di pensieri.
<<Scusa, Arios. Ero sovrappensiero.>>
<<Amar è in vista, tra circa un ora dovremmo esserci.>> il soldato le indicò la Capitale. Si potevano vedere le mura e l’alta cupola della cattedrale, con la torre del campanile.
<<Era ora!>> esclamò Elvira. <<Ho i piedi in fiamme.>>
<<Cosa ne pensate di quello che ha detto quella rossa?>> Remos stava masticando un pezzo di pane.
<<Sono cazzate.>> Veeshan non esitò un attimo a rispondere. <<Vero, Elvy?>>
<<Non lo so. Forse voleva solo farci innervosire.>>
<<O forse non sanno di che cazzo parlano, barbari ignoranti.>>
<<Ti brucia ancora che ti abbiano mandato a nanna?>> Arios strappò una risata a tutti.
<<Mi hanno solo colto di sorpresa.>> Veeshan rispose a denti stretti.
<<E tu, Comandante?>> Remos domandò per l’ennesima volta, come aveva già fatto durante tutto il viaggio.
<<Penso sia una materia che non ci compete e che faremmo bene a considerare con cautela le parole di sconosciuti.>>
Tutti convennero, ma Rhia non riuscì a convincersi della sua stessa affermazione.
Raggiunsero finalmente Amar e, dopo aver congedato i soldati, si diresse verso il suo ufficio pronta a scrivere un rapporto dettagliato da consegnare al Governatore. Ma non ci riuscì. La sua mente ritornava a quel cognome, "Corsello". Le risuonava lontanamente familiare e pensò fosse dovuto al fatto l’avesse ripetuto nella sua testa centinaia di volte durante il viaggio di ritorno. Distrattamente si incamminò verso la biblioteca e si ritrovò con un libro della storia di Amar tra le mani. Poco dopo ne prese un’altro che riportava le vicende della guerra, poi ne aprì uno sui Regni Liberi e ancora un tomo sui paesi ad Est. Quando richiuse l’ultimo volume, il sole era già calato da ore e il tavolo davanti a lei era coperto da pile di libri, ma quel cognome restava un mistero. Stava risistemando tutto quando vide un volumetto piccolo e dalla copertina bruciacchiata che non aveva notato prima. In una calligrafia elegante, il titolo citava: "Casati et familie". Lo aprì con cura e istintivamente cercò il nome Namara, che veniva riportato come una famiglia nobiliare emergente.
Questo libro non è stato aggiornato di recente, riconosco i nomi dei miei avi ma l’albero genealogico si ferma prima della mia nascita. Rhia riflettè qualche secondo poi continuò a sfogliare le pagine, e finalmente trovò il nome “Corsello”: una famiglia di vecchio lignaggio, che aveva ricoperto varie cariche politiche. Le informazioni si fermavano con i nomi degli ultimi discendenti: Antor e Dario. Ora ricordava che il nome le era familiare perché lo aveva studiato da piccola, quando ancora viveva a casa del padre. Ricordava che la famiglia fosse perita qualche anno prima della guerra in un incendio che distrusse completamente il loro castello.
Pur avendo ricordato quei dettagli, pensò che un solo cognome non significasse nulla e niente lo collegava al Governatore. Ma le sue mani stavano già scorrendo le pagine in cerca di un’informazione fondamentale e più volte sfogliò quel volume da cima a fondo.
Non c’era. Il cognome De Lorio non c’era. Poi una voce familiare la fece sobbalzare.
<<Comandante, è un pò tardi per studiare.>> Era la voce di Arios.
Rhia si voltò di scatto e riuscì a calmarsi alla vista del suo fedele soldato.
<<Arios, ho trovato il nome. Guarda quì.>> indicandolo sulla pagina.
Arios lo prese e lesse attentamente, aggrottando le sopracciglia.
<<Quindi quella donna non stava mentendo. E per De Lorio?>>
<<Questa è la cosa strana, Arios. Non c'è. Ho passato tutto il pomeriggio a cercare in ogni libro possibile e non ho trovato nulla.>>
<<Strano.>>
<<Assolutamente. Supponendo fosse vero, perchè mai il Governatore avrebbe cambiato nome? Secondo questo libro la famiglia Corsello era nobile e benestante. Ma questa non è la cosa più strana.>>
Arios alzò lo sguardo dal libro con aria interrogativa e Rhia continuò.
<<So per certo che tutti i membri della famiglia Corsello sono morti poco prima l'inizio della guerra.>>
<<Allora non è possibile che il Governatore sia in realta un erede dei Corsello.>> Arios chiuse il libro.
<<Certo, non lo prova. Ma il nome De Lorio non viene riportato da nessuna parte. Non ti sembra strano che muoiano dei nobili, e ne escano altri dal nulla?>>
<<Ricchi e nobili vanno e vengono come il vento, Comandante.>>
<<Non quelli che diventano Governatori dei Regni Liberi, Arios. Non credo sia una carica che viene assegnata con leggerezza. A meno che non viene presa con la forza.>>
<<Comandante...>> Arios cominciò, ma Rhia alzò una mano, distratta da un rumore proveniente da dietro una libreria. Poi si voltò lentamente verso il soldato; un dubbio le balenò in testa.
<<Pensavo di averti congedato, Arios. Cosa ci fai ancora in giro e per di più armato?>>
<<Sono venuto a cercarti, Comandante. Non starai mica dubitando di me?>> Rhia non rispose e notò qualcosa di diverso nel sorriso del suo interlocutore. Poi Arios continuò. <<Analizziamo i fatti, Comandante. Tutto ciò che sappiamo è che i De Lorio sono una famiglia nuova, mentre i Corsello sono morti in un incendio.>>
<<Non ho mai parlato di un incendio, Arios.>>
Il soldato rilassò le spalle con aria amareggiata.
<<Mi dispiace, Rhia.>>
La Comandante portò la mano alla spada, le sue dita non trovarono l'elsa e ricordò di essere stata disarmata a Vellin. Poi avvertì delle presenze dietro di lei, ed un colpo secco alla nuca la fece cadere al suolo priva di sensi.
La puzza di muffa la colpì per prima, una porta a sbarre di metallo dava su un corridoio stretto e umido. Era in una cella.
La stanza aveva solo una stretta fessura sul soffitto, ma l'unica fonte di luce proveniva dalle fiamme delle torce nel corridoio. Capì che era ancora notte. La nutrirono con del pane ammuffito e acqua stagnante, ma questo bastò a tenerla cosciente. Solo al quinto giorno, Arios si fece vivo.
<<Rhia, come ti trovi nel tuo nuovo alloggio?>>
<<Ti ci sono voluti cinque giorni per riuscire a guardarmi negli occhi?>>
Arios sorrise divertito.
<<Ora mi dici perché mi hai chiusa qui dentro?>>
<<Sono desolato ma sto solo seguendo gli ordini, Rhia. Avresti dovuto accettare l’invito a cena molto tempo fa.>>
Questa frase le si strinse attorno al cuore. Ma soppresse i suoi sentimenti.
<<Ordini del Governatore?>>
<<Avevo chiesto il favore di darti del tempo, ma il Governatore pensa tu sia fin troppo dedita alla giustizia. Sei un rischio che non può correre.>>
<<Perchè il Governatore ha cambiato nome?>>
<<Perché c’era bisogno di un cambiamento, Rhia! Perché l’acqua, se resta immobile, diventa uno stagno. Attira insetti e comincia a puzzare.>>
<<Cambiare cosa, Arios? non è bastata una guerra per cambiare il continente?>>
<<Rhia, sono le persone a dover cambiare. Il Governatore darà a tutti un motivo per credere nei Regni Liberi, potremmo tutti guardarci negli occhi da pari. Non esisteranno poveri, la gente non morirà più di fame. Lo capisci?>>
Rhia sentì fermezza nelle sue parole, la convinzione di chi crede veramente in quello che dice.
<<Lo stesso governatore se ne sta sul suo trono dorato, beve vino e mangia da re, Arios. In cosa è diverso? come può capire le difficoltà del popolo?>>
<<Se solo lo avessi conosciuto come ho fatto io...>> Arios sospirò.
<<A cosa porterà questo cambiamento? Qual è il prezzo da pagare?>>
Il soldato rise, come se si aspettasse quella domanda. Poi le rispose con gli occhi lucidi.
<<Il cambiamento comporta sempre dei sacrifici, Rhia. Tu sarai la prima.>>
Colui che fino a qualche giorno fa reputava un amico fidato, forse qualcosa di più, non le diede il tempo di domandare altro e la guardò un’ultima volta prima di allontanarsi.
<<Avresti dovuto accettare l’invito a cena molto tempo fa, Rhia. Saresti al mio fianco, ora.>>
Pur avendo ricordato quei dettagli, pensò che un solo cognome non significasse nulla e niente lo collegava al Governatore. Ma le sue mani stavano già scorrendo le pagine in cerca di un’informazione fondamentale e più volte sfogliò quel volume da cima a fondo.
Non c’era. Il cognome De Lorio non c’era. Poi una voce familiare la fece sobbalzare.
<<Comandante, è un pò tardi per studiare.>> Era la voce di Arios.
Rhia si voltò di scatto e riuscì a calmarsi alla vista del suo fedele soldato.
<<Arios, ho trovato il nome. Guarda quì.>> indicandolo sulla pagina.
Arios lo prese e lesse attentamente, aggrottando le sopracciglia.
<<Quindi quella donna non stava mentendo. E per De Lorio?>>
<<Questa è la cosa strana, Arios. Non c'è. Ho passato tutto il pomeriggio a cercare in ogni libro possibile e non ho trovato nulla.>>
<<Strano.>>
<<Assolutamente. Supponendo fosse vero, perchè mai il Governatore avrebbe cambiato nome? Secondo questo libro la famiglia Corsello era nobile e benestante. Ma questa non è la cosa più strana.>>
Arios alzò lo sguardo dal libro con aria interrogativa e Rhia continuò.
<<So per certo che tutti i membri della famiglia Corsello sono morti poco prima l'inizio della guerra.>>
<<Allora non è possibile che il Governatore sia in realta un erede dei Corsello.>> Arios chiuse il libro.
<<Certo, non lo prova. Ma il nome De Lorio non viene riportato da nessuna parte. Non ti sembra strano che muoiano dei nobili, e ne escano altri dal nulla?>>
<<Ricchi e nobili vanno e vengono come il vento, Comandante.>>
<<Non quelli che diventano Governatori dei Regni Liberi, Arios. Non credo sia una carica che viene assegnata con leggerezza. A meno che non viene presa con la forza.>>
<<Comandante...>> Arios cominciò, ma Rhia alzò una mano, distratta da un rumore proveniente da dietro una libreria. Poi si voltò lentamente verso il soldato; un dubbio le balenò in testa.
<<Pensavo di averti congedato, Arios. Cosa ci fai ancora in giro e per di più armato?>>
<<Sono venuto a cercarti, Comandante. Non starai mica dubitando di me?>> Rhia non rispose e notò qualcosa di diverso nel sorriso del suo interlocutore. Poi Arios continuò. <<Analizziamo i fatti, Comandante. Tutto ciò che sappiamo è che i De Lorio sono una famiglia nuova, mentre i Corsello sono morti in un incendio.>>
<<Non ho mai parlato di un incendio, Arios.>>
Il soldato rilassò le spalle con aria amareggiata.
<<Mi dispiace, Rhia.>>
La Comandante portò la mano alla spada, le sue dita non trovarono l'elsa e ricordò di essere stata disarmata a Vellin. Poi avvertì delle presenze dietro di lei, ed un colpo secco alla nuca la fece cadere al suolo priva di sensi.
La puzza di muffa la colpì per prima, una porta a sbarre di metallo dava su un corridoio stretto e umido. Era in una cella.
La stanza aveva solo una stretta fessura sul soffitto, ma l'unica fonte di luce proveniva dalle fiamme delle torce nel corridoio. Capì che era ancora notte. La nutrirono con del pane ammuffito e acqua stagnante, ma questo bastò a tenerla cosciente. Solo al quinto giorno, Arios si fece vivo.
<<Rhia, come ti trovi nel tuo nuovo alloggio?>>
<<Ti ci sono voluti cinque giorni per riuscire a guardarmi negli occhi?>>
Arios sorrise divertito.
<<Ora mi dici perché mi hai chiusa qui dentro?>>
<<Sono desolato ma sto solo seguendo gli ordini, Rhia. Avresti dovuto accettare l’invito a cena molto tempo fa.>>
Questa frase le si strinse attorno al cuore. Ma soppresse i suoi sentimenti.
<<Ordini del Governatore?>>
<<Avevo chiesto il favore di darti del tempo, ma il Governatore pensa tu sia fin troppo dedita alla giustizia. Sei un rischio che non può correre.>>
<<Perchè il Governatore ha cambiato nome?>>
<<Perché c’era bisogno di un cambiamento, Rhia! Perché l’acqua, se resta immobile, diventa uno stagno. Attira insetti e comincia a puzzare.>>
<<Cambiare cosa, Arios? non è bastata una guerra per cambiare il continente?>>
<<Rhia, sono le persone a dover cambiare. Il Governatore darà a tutti un motivo per credere nei Regni Liberi, potremmo tutti guardarci negli occhi da pari. Non esisteranno poveri, la gente non morirà più di fame. Lo capisci?>>
Rhia sentì fermezza nelle sue parole, la convinzione di chi crede veramente in quello che dice.
<<Lo stesso governatore se ne sta sul suo trono dorato, beve vino e mangia da re, Arios. In cosa è diverso? come può capire le difficoltà del popolo?>>
<<Se solo lo avessi conosciuto come ho fatto io...>> Arios sospirò.
<<A cosa porterà questo cambiamento? Qual è il prezzo da pagare?>>
Il soldato rise, come se si aspettasse quella domanda. Poi le rispose con gli occhi lucidi.
<<Il cambiamento comporta sempre dei sacrifici, Rhia. Tu sarai la prima.>>
Colui che fino a qualche giorno fa reputava un amico fidato, forse qualcosa di più, non le diede il tempo di domandare altro e la guardò un’ultima volta prima di allontanarsi.
<<Avresti dovuto accettare l’invito a cena molto tempo fa, Rhia. Saresti al mio fianco, ora.>>
Passarono ancora quattro giorni, durante i quali le uniche forme di vita che vide furono il suo silente carceriere e i ratti che rosicchiavano gli avanzi che lasciava per non farsi mordere le dita dei piedi. Aveva passato quelle giornate ad elaborare un piano per uscire da lì, pur essendo poco fiduciosa delle sue probabilità di successo. Fu durante il decimo giorno che sentì battere alla porta in fondo al corridoio.
<<Cambio di guardia.>> la voce di una donna arrivò ovattata alle sue orecchie. <<Ma che cambio. Oggi ci sono io tutto il giorno.>> Rispose l’uomo all’interno mentre apriva il catenaccio. Poi un rumore secco ed un tonfo echeggiarono per il corridoio. Rhia si tirò su e provò a sporgersi tra le sbarre ma il suono di passi, lenti e rilassati, fu l’unica cosa che i suoi sensi percepirono. L’uno dopo l’altro sentì i chiavistelli delle altre celle aprirsi. Poi fu il suo turno.
<<Ci rivediamo, Comandante Namara.>> La donna dai capelli rossi stava aprendo anche la sua cella. <<Ti trovo bene.>>
<<Perchè mi stai liberando?>>
<<Perchè ora hai aperto gli occhi proprio come ti avevo suggerito di fare.>>
<<Lla mia fuga non porterà a nulla. Amar continuerà ad essere in pericolo, così come i Regni Liberi.>>
<<Non credere che siamo solo un paio di scalmanati ribelli, Comandante. Sei libera di andare dove ti pare, ma seguimi e scoprirai come puoi continuare a servire la nazione.>> Le tese una mano <<Che ne dici?>>
<<Cambio di guardia.>> la voce di una donna arrivò ovattata alle sue orecchie. <<Ma che cambio. Oggi ci sono io tutto il giorno.>> Rispose l’uomo all’interno mentre apriva il catenaccio. Poi un rumore secco ed un tonfo echeggiarono per il corridoio. Rhia si tirò su e provò a sporgersi tra le sbarre ma il suono di passi, lenti e rilassati, fu l’unica cosa che i suoi sensi percepirono. L’uno dopo l’altro sentì i chiavistelli delle altre celle aprirsi. Poi fu il suo turno.
<<Ci rivediamo, Comandante Namara.>> La donna dai capelli rossi stava aprendo anche la sua cella. <<Ti trovo bene.>>
<<Perchè mi stai liberando?>>
<<Perchè ora hai aperto gli occhi proprio come ti avevo suggerito di fare.>>
<<Lla mia fuga non porterà a nulla. Amar continuerà ad essere in pericolo, così come i Regni Liberi.>>
<<Non credere che siamo solo un paio di scalmanati ribelli, Comandante. Sei libera di andare dove ti pare, ma seguimi e scoprirai come puoi continuare a servire la nazione.>> Le tese una mano <<Che ne dici?>>